Anna Salfi, Presidente della Fondazione A.B. Altobelli, e Fiorenza Tarozzi, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione, hanno presentato il progetto nell’ambito delle attività del gruppo di lavoro “Women and Trade Unions in Europe”, con una relazione dal titolo: Gendering the history and memory of Italian trade unions through biography, il 15 dicembre pomeriggio.
Di seguito il testo in italiano del loro intervento. La versione inglese è scaricabile a questo indirizzo.
La storia e la memoria del sindacato italiano attraverso le biografie: un approccio di genere
di Anna Salfi e Fiorenza Tarozzi
Questo progetto nasce da un dispiacere e da un impegno conseguente. Nel maggio del 2006 a Milano la Cgil celebrava il suo centenario. Ma in tutti i passaggi mancavano le donne!
Le donne, le tante donne dei presidi degli scioperi delle assemblee, dove erano finite?La loro assenza era stato un fatto casuale? Ci chiedevamo. Eppure nel Comitato costituito appositamente per le celebrazioni le donne c’erano ed erano anche donne che avevano, come si dice oggi, una sensibilità di genere. Come mai non se ne erano occupate? Cosa era successo?
Era successo quello che accade molto spesso e cioè che la loro presenza, le loro battaglie e le loro conquiste che avevano sì cambiato le condizioni di uomini e di donne che lavorano erano state considerate in maniera “oggettiva”, di risultato diremmo oggi. L’omissione era, dunque, un’omissione di soggettività, di tante soggettività che venivano così cancellate e a questo bisognava porre rimedio.
Ma questa “istintiva”rimozione non era solo ascrivibile all’orgoglio maschile di esserci, era dovuta anche ad un vizio – tutto femminile – di non curarsi di “segnare” la storia. Un vizio e non già una virtù perchè segnare la storia, gli eventi, le conquiste non è un fatto di vanità, non lo è sempre e non lo è, almeno in questo caso.
Segnare la storia, la propria presenza nella storia è anche un dovere verso chi viene dopo, verso gli altri e le altre che, a fatica si misurano con la vita pubblica e che hanno bisogno di esempi, di insegnamenti e di capire che i nodi della vita quanto della storia sono sempre gli stessi e che solo si ripropongono in contesti mutati.
Il Progetto che presentiamo e che parte da un’intesa tra la Fondazione “Argentina Bonetti Altobelli” unitamente al Dipartimento di discipline storiche dell’Università di Bologna ha come obiettivo proprio le innumerevoli soggettività femminili che hanno composto a pieno titolo la storia sociale e sindacale della nostra regione, l’Emilia-Romagna a partire dal ruolo svolto da Argentina Bonetti Altobelli cui la Fondazione è intitolata.
Sta in ciò l’intento di far conoscere ed apprezzare queste donne, di riportale all’attenzione comune, di preservarne la memoria e di trarre dalla loro opera insegnamenti, esempi di coraggio e di perseveranza ed anche conforto in questi momenti di incertezza.
Ripercorrere queste storie singole e singolari non è solo importante, è anche molto bello ed infonde coraggio e speranza, quello di cui più che mai oggi abbiamo bisogno.
E poiché, come si diceva, la storiografia dominante omette, molto spesso, di mettere in evidenza il contributo che le donne hanno dato alle conquiste sindacali del nostro Paese e spesso ne citano l’opera come, altrettanto spesso, ne dimenticano la storie, la personalità, la vita e finanche il nome,il progetto intende proprio ricostruire e valorizzare le biografie delle sindacaliste emiliano-romagnole di origine o di adozione, che hanno svolto attività sindacale nel corso del decennio 1880-1980.
Quasi un secolo di storia, dunque; cento anni ricchi di trasformazioni e di avvenimenti complessi, di persistenze e di crescita di valori che vanno dal mutualismo all’emancipazionismo, dallo scontro al confronto politico, e che hanno visto impegnarsi sul terreno rivendicato di diritti fondamentali (lavoro, istruzione, voto) gruppi sempre più numerosi e organizzati di uomini e di donne.
Le protagoniste di questo lavoro sono quelle donne che in misura e in forma diversa hanno fatto parte della preistoria e della storia del sindacalismo italiano: donne che hanno saputo cogliere gli spazi che venivano loro concessi o che sono state capaci di costruirseli quando le condizioni sociali e politiche ritagliava per loro esclusivamente spazi all’interno della famiglia o del mondo del lavoro sempre però fortemente condizionate da pregiudizi che, ad esempio, per lungo tempo le voleva maestre ma non avvocati, dottoresse ma non docenti universitarie, operaie meno qualificate e meno retribuite, anche quando il livello e la qualità professionale era la stessa, del lavoratore uomo. Escluse per lungo tempo dalla politica attiva, mal sopportate quando tentavano di avvicinarvisi, cittadine di secondo livello in quanto escluse dal voto, le donne hanno cercato, spesso anche attraverso percorsi individuali, di uscire da questa marginalità, ad esempio entrando nelle società di mutuo soccorso, nelle leghe, nei primi sindacati. Ma anche di dar vita ad organizzazioni di donne o rivolte alle donne per contrastare questa subalternità e farsi protagoniste della loro storia.
La memoria di questa presenza femminile all’interno delle organizzazioni associative passa nell’immaginario collettivo attraverso figure di spicco come Argentina Bonetti Altobelli che si guarda quasi come a un unicum, dimenticando che ben più numerose erano coloro che agivano nel mondo politico e sociale, figure meno appariscenti, ma non per questo meno importanti. Argentina e le altre. Ecco queste sono i soggetti di questa ricerca. Le altre: fondatrici di società mutue e di cooperative, appartenenti a leghe e a società di resistenza, membri a diversi livelli delle camere del lavoro fin dal loro sorgere, organizzatrici di sindacati di categoria (vedi ad esempio le maestre), e poi, specie nel secondo dopoguerra, funzionarie e dirigenti di categorie (oggi anche segretarie generali dei maggiori sindacati nazionali), attiviste sindacali a vari gradi, sempre più numerose e impegnate.
Se per il secondo Ottocento e il primo Novecento la difficoltà maggiore è stata quella di ricostruire in maniera organica i confini della realtà associativa e organizzativa femminile per la carenza di documentazione o il silenzio costruito attorno al ruolo politico delle donne, il crescente numero di presenze femminili nelle organizzazioni sindacali nel secondo dopoguerra ci ha indotto, invece, a operare una scelta limitando la ricostruzione dei percorsi biografici esclusivamente alle “funzionarie sindacali”, cioè coloro che hanno operato presso una sede di un’organizzazione sindacale ricevendo un compenso..
L’idea di fondo su cui si è lavorato è stata quella di mettere in evidenza la continuità dell’agire delle donne dal solidarismo paternalistico e poi emancipativo ottocentesco al sindacalismo economico e politico a noi più vicino. Questa idea di continuità di una storia e di travaso di idealità da un passato relativamente lontano a un presente a noi più vicino l’abbiamo letta, in questo lavoro, in chiave di genere, ricercando presenze e individuando modelli specifici del e dal mondo delle donne.
Un secolo di storia è fatto di continuità ma anche di rotture, e ciò per l’Italia significa passare dalla stagione liberale del cinquantennio post-unitario travolto dalla grande guerra, al ventennio fascista all’Italia repubblicana del secondo dopoguerra.
Ora in questi passaggi, se la permanenza delle idee di fondo è indiscussa, le ideologie dominanti sono comunque state significative. E’ questa una delle ragioni che ci ha spinte ad entrare nel ventennio fascista con uno sguardo duplice: da un lato capire come il regime non abbia cancellato i sindacati ma li abbia controllati, facendone anche strumenti della propaganda; dall’altro cogliere nel mondo dell’antifascismo quella persistenza di ideali che hanno portato alla rinascita del sindacalismo libero nel secondo dopoguerra. Ed è proprio a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale che si apre una stagione nuova, una stagione di forti realtà sindacali e organizzative nella società italiana, dove la presenza femminile è sempre maggiore e capace di sperimentare percorsi politici innovativi.