Anna Salfi, Presidente della Fondazione Argentina Bonetti Altobelli, presenta il Convegno “I Sindacati nell’Italia in Guerra“, che ha avuto luogo presso il MAMBO di Bologna il 10 novembre 2015.
“Ripensando al titolo di questo Convegno, ritengo che forse avremmo dovuto modificarlo leggermente in “I Sindacati nell’Europa e nell’Italia in guerra”.
Si perché se la prima guerra mondiale è stata una tragedia italiana, non di meno è stata una tragedia europea e si deve ai morti della prima e della seconda guerra mondiale se Altiero Spinelli, Mario Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann stilando nel 1941 il famoso Manifesto di Ventotene, il cui titolo originario era “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto” si ispirarano a loro affinché non avessero più a ripetersi tali tragedie.
Spesao sfugge a molti di noi il senso e il ricordo di tale origine del progetto europeo anche se si comprendono le ragioni profonde della crisi che quel progetto sta attraversando. E tuttavia non è venuta meno oggi più che mai la ragione profonda di quel sogno e di quel desiderio fattosi realtà incompiuta.
Il Convegno di oggi, in particolare la sua parte di ricognizione e ricostruzione storica, si pone, in primo luogo l’intento di collocare l’esperienza italiana in una cornice e una prospettiva comparata per situare le scelte dei sindacati italiani e degli altri soggetti anche istituzionali che agirono nell’ambito del conflitto, in una prospettiva europea.
D’altro canto, si vuole mettere in evidenza il ruolo, le posizioni, le azioni che singoli uomini e donne realizzarono, dapprima per evitare il conflitto, in un secondo momento per limitare i danni della guerra e far nascere dalle sue ceneri una nuova società, più pacifica, più eguale, più giusta.
L’intenzione è quella di cogliere un avvenimento di grande importanza come il bicentenario della Grande Guerra per la definizione di una memoria storica sempre più completa, più pubblica e più condivisa. Per evitare che la ricorrenza continui ad essere troppo celebrativa ed acquisti un più ampio respiro storiografico puntando a superare una mera percezione nazionale del conflitto per rinsaldare la consapevolezza di una guerra sempre più europea e sempre più mondiale.
I sindacati in Europa
Uno dei fatti più drammatici dell’estate del 1914 è rappresentata dall’agonia e dalla fine dell’Internazionale socialista che dalla fine dell’800 raccoglieva e coordinava sotto il suo “ombrello” le iniziative dei partiti socialisti europei.
L’internazionale socialista, nota anche sotto il nome di Seconda Internazionale, si fondava su principi di saldo antimilitarismo e anti-imperialisti, in un momento in cui gran parte delle potenze europee ambivano a conquistare colonie in Africa o nell’estremo Oriente, e, a tal fine, stanziavano risorse e mobilitavano eserciti in un’incessante corsa al riarmo.
A Basilea, ancora nel 1912 i delegati socialisti si schierarono compatti contro la tendenza militarista che stava influenzando anche il movimento operaio, in particolare quello anarchico e rivoluzionario.
Tale compattezza si dimostrò – tuttavia – assai fragile alla prova dei fatti e nel 1914, soltanto due anni dopo, il fronte comune si sarebbe frantumato sotto i richiami interventisti e nazionalisti che andavano affermandosi nei singoli Paesi.
Fu così sia per il Regno Unito che per la Francia e per Italia, lo fu ancor più per l’impero Austro-Ungarico e per Germania che maggiormente aveva contribuito allo sviluppo della rete dell’Internazionale socialista. Le contraddizioni aperte dal conflitto avranno la meglio su quel movimento politico e sindacale socialista la cui affermazione indiscussa tanto preoccupava le forze latifondiste, dei grandi industriali e conservatrici.
“Bologna aveva due navi ….”
Il 24 maggio 1915 l’Italia entreva in guerra, nella Prima Guerra Mondiale che, di seguito, si dimostrerà non solo un evento di enormi dimensioni, ma anche un fatto determinante per i tanti fenomeni di grande trasformazione che interverranno sia in Italia che in Europa.
Non fu solo conflitto e scontro di trincea. La Grande Guerra provocherà grandi cambiamenti sia economici che sociali. Le donne conosceranno ruoli inediti e diversi.
Dovranno caricarsi del sostegno economico della famiglia, come non mai assumeranno un rilevante e inedito ruolo pubblico, entreranno per la prima volta in maniera massiccia nei lavori maschili lasciati dagli uomini chiamati a combattere.
Al fronte, inteso come luogo fisico dei combattimenti, troveranno la morte tanti di quegli italiani da poter considerare falcidiata una intera generazione di giovani provenienti da ogni parte d’Italia e che, per la prima volta dall’Unità del 1861 si erano misurati in forma collettiva e nazionale con il conflitto. Saranno giovani provenienti da ogni regione d’Italia che ancora non avevano adottato l’italiano come lingua nazionale e comune e le trincee parleranno dei loro diversi dialetti, delle loro diverse vite e tradizioni.
Ma non ci fu solo il luogo o i luoghi delle battaglie. Al fronte di combattimento vero e proprio, si affiancheranno i fronti interni rappresentati dai territori e accomunati da uno sforzo comune che impegnerà tutte le risorse della nazione e che, particolarmente a livello locale vedrà svilupparsi nuove forme e nuove risposte pubbliche sia ai bisogni indotti direttamente dai combattimenti e inerenti classicamente alle retrovie, sia ai nuovi bisogni emergenti nei territori a seguito della guerra.
I territori, i municipi che – come nel caso di Bologna – avevano visto affermarsi i primi sindaci di sinistra4 dopo l’egemonia aristocratica, dovranno misurarsi con le domande di assistenza determinate dal conflitto e succederà che proprio i primi sindaci borghesi e socialisti, accomunati tra loro dall’avversione al conflitto e che si erano esplicitamente dichiarati anti-interventisti, dovranno individuare le risposte idonee a soddisfare i bisogni delle popolazioni provate e rese ancor più bisognose in ragione della guerra.
I bisogni di assistenza e di cura sanitaria propri dei territori delle retrovie porteranno ad offrire nuove e innovative risposte nei settori della fisioterapia, dell’ortopedia e della stessa psichiatria, i bisogni alimentari e di trasporto indurranno soluzioni sperimentali e innovative nelle pubbliche amministrazioni.
Francesco Zanardi a Bologna, Giuseppe De Felice Giuffrida a Catania, Emilio Caldara a Milano e tanti altri saranno costretti ad accantonare la forza che avevano impiegato nella loro battaglia pacifista e non-interventista per creare strutture pubbliche che rispondessero ai bisogni delle popolazioni, primo fra tutti quello di garantire l’alimentazione, una buona alimentazione, alle donne e ai bambini rimasti in città. Sono parole di Francesco Zanardi al Consiglio comunale di Bologna “… se sarà necessario, cercheremo con intelligenza e sacrificio di far sì che dal danno, dal dolore, meno gravi – possano esserne le conseguenze (ndr) e possa il paese trarre più rapida e sicura ragione della sua ricomposizione nazionale, civile e umana”.
Saranno chiamati “I Sindaci del Pane” perché riusciranno a fornire e garantire a tutti pane e generi alimentari di qualità attraverso una vera e propria attività di produzione e di commercio in mano pubblica. Ciò avvenne non senza difficoltà e contrasti. A Bologna, la stampa conservatrice e quella umoristica, rappresenteranno molto criticamente l’impresa di Zanardi che garantì con il suo stesso patrimonio l’istituzione della Fabbrica del pane dove oggi siamo: il MAMbo, il Museo di Arte Moderna di Bologna, grazie ad una pregevole attività di recupero, accoglie mostre innovative e visitatori provenienti da tutto il mondo.
Zanardi volle che a tutti fosse garantito – innanzitutto – il pane e il latte per i bimbi e affinché l’impresa fosse la più economica possibile si occupò personalmente dell’approvigionamento delle materie prime attraverso l’acquisto di due navi che potessero trasportare il grano acquistato nei luoghi dove il costo fosse più conveniente.
I “negozi di Zanardi” diventeranno con il tempo molti e numerosi e riusciranno a garantire ai bolognesi beni diversi di prima necessità a prezzi scontati, di qualità e sicuri in termini di igiene. Al loro interno i bolognesi troveranno pane buono e a buon mercato, ma anche latte, vino ed altri generi alimentari.
Se ieri fu il primo conflitto mondiale a indurre i sindaci di sinistra a sperimentare nuove forme di welfare “municipale”, oggi in presenza del conflitto economico determinato dal proseguire della crisi, sono ancora i primi cittadini ad essere chiamati in prima linea e a misurarsi con il “fronte” attuale rappresentato dalle richieste pressanti provenienti dai territori e dalle comunità municipali.
Altrettanto, i sindacati di oggi, chiedono un rinnovato impegno alle istituzioni anche locali nel dare risposte pubbliche di welfare e di investimenti individuando nel welfare un chiaro terreno di possibile sviluppo del territorio, di sostegno ai singoli e alle famiglie e di utile terreno per favorire l’uscita dalla crisi.
La guerra e le donne
Nell’iconografia dominante della guerra ed anche dopo diversi anni le donne sono quasi sempre rappresentate raffigurate in chiave servente e/o caritatevole. Sui manifesti e sui giornali le donne servono la patria in senso ideale ed anche materiale. Basti vedere alcuni numeri della Domenica del Corriere, solo per citare una rivista molto nota.
Riforniscono gli uomini al fronte portando viveri e vettovaglie in canestri portati a spalla, alleviano le sofferenze dei feriti in veste di crocerossina. Poco si dice di tutte quelle donne, molte emiliano-romagnole, che si sono battute strenuamente contro l’entrata in Guerra. Si deve solo a studi più recenti e a studiose femministe il contributo più utile a ricomporre il ruolo, le posizioni e le attività delle donne espresse singolarmente o collettivamente contro il conflitto.
Nella ricostruzione dei Profili delle sindacaliste emiliano-romagnole 1880-1980 su cui da tempo la Fondazione e Argentina Bonetti Altobelli è impegnata emerge una figura in particolare, quella di Maria Goia, Fondatrice e prima Segretaria generale della Camere del lavoro di Suzzara, diresse la CGIL di Cervia, quindi di Ravenna e di Faenza e fu tra le personalità più di rilievo contro l’intervento. Maria Goia fu tra le frequentatrici della Scuola normale di Bologna che sfornò le prime maestre abilitate al titolo e all’insegnamento e fu tra quelle che contrastarono le posizioni guerrafondaie non solo verbalmente.
Organizzò numerosi comizi e boicottaggi, giungendo anche a organizzare l’ostruzionismo verso la partenza al fronte sdraiandosi con un gruppo di donne sui binari della ferrovia, fatto che le costò l’arresto e l’internamento e per il quale fu, di seguito, costretta ad allontanarsi forzatamente da Suzzara. Amica e compagna socialista di Argentina e di Giacomo Matteotti rimane una delle figure più amate e ricordate nella storia delle donne di Romagna. Diresse il periodico “La Nuova Terra” e collaborò al quotidiano “La Difesa delle lavoratrici”. La sua battaglia pacifista non fu – al pari di quella di altri suoi compagni e compagne uno solo dei tanti terreni dell’impegno politico e sindacale. Nelle attività contro la Grande Guerra e tutte le guerre Maria Goia finirà per dedicare l’intero impegno di una vita.
Le emergenze derivanti dal conflitto non determinarono solo il sorgere di servizi pubblici di welfare intesi in senso stretto. Un’altra donna, questa volta di Bologna, la Contessa Lina Bianconcini Cavazza organizzerà un vero e proprio servizio di informazioni attraverso il quale rese possibile poter rintracciare gli uomini impegnati al fronte, dispersi o morti.
L’istituzione dell’Ufficio notizie offrendo informazioni alle famiglie dei militari “di terra e di mare” e realizzando un contributo particolarmente efficace nei collegamenti tra le retrovie e il fronte, finì per divenire riferimento per l’intero territorio nazionale e porsi come un, seppure in termini non strettamente corretti, come un servizio pubblico.
Donne contro la guerra, ma donne anche in favore. La contraddizioni che attraversarono il fronte dell’Internazionale socialista, andato in frantumi dopo l’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914, ci consegnano il ricordo e la memoria di un movimento che, all’apice della sua affermazione non seppe evitare il rifluire negli interessi interni di ciascun Paese, da un lato, né superare la dicotomia tra interventisti e non interventisti che l‘attraversò e fu causa della fine della sua unità.
Tra le donne, Margherita Sarfatti, questa volta non una sindacalista, ma pure lei una socialista, attratta tuttavia dall’uomo nuovo e dal nuovo corso interpretato da Benito Mussolini il quale definì la propria distanza dai vecchi compagni proprio in occasione dello scoppio della guerra. L’entrata in guerra fu per lui stesso l’evento che determinò la fuoriuscita dall’Avanti, la sua espulsione dal Partito socialista e la nascita contestuale del Popolo d’Italia, strumento e mezzo di chi, invece, la guerra la voleva e la propugnava.
Il Convegno di oggi
Europa, Italia, territori locali, uomini e donne sono oggi in occasione di questa giornata oggetto di memoria, di ricerca e di studio.
Come da sempre la Fondazione Argentina Bonetti Altobelli, con il supporto del Comitato scientifico diretto da Fiorenza Tarozzi, con la collaborazione dell’Università di Bologna e della Fondazione Giuseppe Di Vittorio di Roma, propone una giornata di studio durante la quale la ricostruzione dei fatti e della memoria cerca di dare un contributo all’arricchimento della storia moderna.
Quest’anno lo sguardo si alza oltre i confini nazionali italiani e, con il contributo di Adolfo Pepe, di Edmondo Montali e Tito Menzani potrà intravedere ciò che succedeva oltre i nostri confini: in Germania, in Inghilterra e anche all’interno del nostro stesso paese, della nostra stessa CGIL in quegli anni.
Elda Guerra e Elena Musiani, che già si sono dedicate alla ricerca storica di genere ci porteranno il loro contributo per completare la visione ancora troppo misogina della storia e della ricerca anche sociale di questo periodo.
Un ringraziamento a Patrizia Dogliani sia per la disponibilità che per il contributo che ci darà in termini di introduzione storica alla Tavola rotonda del pomeriggio. Ci narrerà di quelli ormai definiti comunemente come “fronti interni”. Quei luoghi lontano dalle trincee materiali del Carso o del Monte Sabotino, ma che si sono misurati con cambiamenti altrettanto gravi delle già misere condizioni materiali e sanitarie.
Abitanti di città e di campagne che vedranno nuove condizioni economiche e sociali, che sentiranno il morso della fame e che saranno impegnate nel lavoro anche per l’assistenza necessaria nelle retrovie.
Questo per illuminarci in particolare delle politiche amministrative locali praticate durante la guerra e che, in particolare in Emilia-Romagna – l’Emilia “Rossa” – furono individuate e realizzate non senza contraccolpi.
Nella tavola rotonda Marco Sotgiu coordinerà gli interventi previsti e che coinvolgono Mauro Puglia in quanto Segretario generale della Funzione pubblica, categoria CGIL quanto mai oggi nell’occhio del ciclone sul piano dei servizi pubblici, delle riforme istituzionali, dell’efficienza amministrativa e Bruno Pizzica Segretario generale dello Spi, categoria che con la CGIL presidia quotidianamente il terreno della contrattazione sociale per anziani e non solo che quotidianamente interloquisce con le istituzioni locali.
Parleranno anche Oscar Gasperi, storico dell’ANCI autore con altri della pubblicazione “Storie di Sindaci per la Storia d’Italia” che potrà offrirci il punto di vista di chi ha studiato in chiave storica il contributo dato dai primi cittadini nel corso del periodo 1889-2000 con particolare riferimento alle figure che maggiormente intrecciano la Grande Guerra e Simona Lembi Presidente del Consiglio Comunale di Bologna, ma anche Presidente per ANCI della Commissione pari opportunità che già in altre occasioni ha dimostrato sensibilità e conoscenza delle esperienze e delle pratiche municipali storiche bolognesi.
Da ultimo, Vincenzo Colla, Segretario generale della Cgil dell’Emilia Romagna, reduce da due eventi di rilievo: il primo la sigla del Patto per il lavoro nella Regione Emilia-Roamgna, il secondo il Congresso europeo dei sindacati affiliati alla CES Confederazione europea dei sindacati.
Dopo tutte queste sollecitazioni che affronteranno aspetti di varia natura legati al conflitto mondiale, ci è sembrato utile, far conoscere ai più giovani, che non hanno potuto sentire i racconti della viva voce dei nostri nonni, la vita in trincea proiettando un film che più di altri, ci sembra, possa raccontare con realismo quella specifica condizione.
E chi se non Ermanno Olmi avrebbe potuto farlo?
Ed è così che alle ore 17.00 andrò in onda il film “Torneranno i prati” diretto dal regista nel 2014.
Nel ringraziandovi ancora per la pazienza e per la presenza, auguro a tutti e a tutte voi buon lavoro.
Bologna, 10 novembre 2015
1 Le perdite dell’Italia nella prima guerra mondiale ammontarono a: 650.000 morti; 947.000 feriti, mutilati e invalidi; 600.000 prigionieri e dispersi. Su 5.615.000 uomini mobilitati si ebbe un totale di 2.197.000 perdite, pari al 39 % degli uomini sotto alle armi.
2 “La Grande Guerra degli Italiani” – Come la Prima guerra mondiale ha unito la nazione, Antonio Gibelli, RCS Libri S.p.A, Milano 1998.
3 “Fonti interni” – esperienze di guerra lontano dalla guerra, a cura di Andrea Scartabellati, Matteo Ermacora, Felicita Ratti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2014
4 “La Grande Guerra nella Città Rossa”, Nazario Sauro Onofri, Edizioni del Gallo, Milano 1966.
5 Francesco Zanardi, primo Sindaco di Bologna non aristocratico, ma borghese e di fede socialista viene eletto a Bologna nel giugno 2014 e l’insediamento dei socialisti a Palazzo d’Accursio avviene il 21 luglio 2014.
6“I Fasci siciliani”, Renato Marsilio, Edizioni Avanti!, Roma 1954
7“Storie di Sindaci per la Storia d’Italia” – (1889-2000) Oscar Gaspari, Rosario Forlenza, Sante Cruciani, Donzelli Editore, Roma 2009
8“Francesco Zanardi Il sindaco del pane”, Enrico Bassi e Nazario Sauro Onofri, Edizioni La Squilla, Bologna 1978
9 “ Donne e uomini nelle guerre mondiali”, a cura di Anna Bravo, Giuseppe Laterza e Figli, Bari 1991
“Donne e guerra”, Jean Bethke Elshtain, Il Mulino. Bologna 1991
“Donne nella Grande Guerra”, AA.VV., Il Mulino, Bologna 2014