Norma Mazzoni, nacque a Bologna nel 1895 ebbe un fratello e una sorella. Il padre, ambulante, era suonatore di organetto. Sposata, rimase presto vedova per la morte del marito avvenuta a seguito di malattia contratta nella guerra del 1915 – 1918. Fece parte del Circolo femminile socialista di Bologna e, assunta come operaia nell’industria bellica bolognese, fu consigliere della Lega dell’Arsenale d'artiglieria di Bologna, detta degli arsenalotti. Di lei si sa che prendeva parte attiva nelle riunioni politiche e sindacali e che godeva di influenza sugli arsenalotti e, pertanto, ritenuta “pericolosissima in linea politica” dalle autorità di polizia. Al termine della guerra, la città fu interessata da una gran mole di licenziamenti nelle fabbriche belliche: il 19 dicembre 1918, fu la volta di primo scaglione di licenziamenti riguardante gli operai dell’Arsenale e 1.300 che andavano ad aggiungersi ai 1.600 licenziati in un diverso opificio militare avvenuti il 10 dicembre 1918. Per i licenziati il Governo con un Regio Decreto di inizio dicembre 1918, aveva stabilito l’ammontare della relativa indennità statuendo che la stessa fosse calcolata in base ai salari percepiti nel 1915. La disposizione, sensibilmente vantaggiosa per gli industriali, danneggiava fortemente le maestranze in considerazione del fatto che dal 1915 al 1918 i salari in quelle fabbriche erano raddoppiati. Della protesta si fece interprete il Sindaco Zanardi unitamente alla Camera confederale del Lavoro. Zanardi pronunciò due comizi, cui parteciparono la popolazione e gli operai interessati – tra i quali Norma Mazzoni - per chiedere il cambio del Decreto che per rivendicare lavori di pubblica utilità e sussidi per far fronte all’eccezionalità della situazione, nonché le otto ore lavorative e il controllo operaio delle fabbriche, come più volte era stato promesso, anche in considerazione degli enormi guadagni realizzati dagli industriali durante il conflitto. Nonostante anche le forze più moderate avessero premuto per un cambio del Decreto, tutto fu invano e, anzi, i licenziamenti accelerarono. A Natale, in città, si raggiunse il numero di 20.00 unità, Norma fu tra i licenziati. Un ricovero avvenuto a 14 anni e durato due settimane e conclusosi con la dimissione poiché “non derivano elementi certi di seri problemi psichiatrici”, darà occasione per ulteriori internamenti. Dalle carte si evince che fosse dedita alla prostituzione clandestina, ma il fatto non ha mai trovato riscontro nelle carte di polizia, riportavano, invece, dichiarazioni del tipo: una “presunta dissolutezza e vivacità”, “indocile”, “ricovero ordinato dall’Autorità Giudiziaria”, ricovero “Per totale infermità di mente in ordine al delitto di offese al Capo del Governo” e altre affermazioni che permettono di considerare che Norma Mazzoni fu una sindacalista socialista attiva che, vantando i suoi principi, pagò con l’internamento più volte la sua fede antifascista e la sua presunta irregolarità. Nel 1933 ritornata in città da Aversa si diede al commercio ambulante di paste e brustolini nel posteggio di Piazza della Pioggia a Bologna. Morì in povertà.