La Fondazione Argentina Bonetti Altobelli partecipa con una serie di iniziative alle celebrazioni per il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia. Una data fondamentale nella storia del nostro Paese, che le istituzioni italiane, e con esse il mondo sindacale, vogliono celebrare a un secolo e mezzo di distanza.
Riportiamo qui alcuni stralci del documento approvato dal Comitato Direttivo Nazionale CGIL del 20 e 21 dicembre 2010, sugli indirizzi del sindacato in merito alle celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia.
“Il 17 marzo 1861 venne proclamata ufficialmente l’Unità d’Italia.
Il 27 settembre dello stesso anno si riuniva a Firenze il Primo Congresso Nazionale Italiano delle Società Operaie .
Dopo l’approvazione dello Statuto Albertino in Piemonte erano nate le prime cooperative di lavoratori e le prime Società di Mutuo Soccorso. Nel 1853, 36 Società Operaie si erano riunite ad Asti, l’anno dopo ad Alessandria erano già 63. Altri Congressi si tennero nel 1855 a Genova, nel 1856 a Vigevano, nel 1857 a Voghera. Se a Firenze si tenne il primo Congresso operaio nell’Italia unita, un Congresso Italiano delle società operaie aveva già preceduto la proclamazione del Regno nel 1860 a Milano
I semi e le idee che generarono il movimento dei lavoratori erano già presenti in una parte del movimento patriottico italiano, ma l’idea di progresso civile e delle classi lavoratrici era ben scolpita tra le finalità delle Società di Mutuo Soccorso a partire da una grande attenzione ai temi dell’istruzione e dalla fissazione dell’obbligo dei soci a frequentare scuole serali.
La proclamazione dell’Unità d’Italia fu il coronamento di una tela lungamente tessuta ma, nello stesso periodo, un’altra tela veniva tessendosi: quella del movimento organizzato della classe operaia italiana.
La nascita della nostra Nazione rappresentò un salto di qualità straordinario dell’Italia intera che entrava nell’Europa moderna.
Il 150° anniversario di quegli avvenimenti ci offre una occasione straordinaria per un bilancio: da dove veniamo, dove siamo arrivati, dove stiamo andando.
Una occasione per portare a fondo una riflessione critica e severa sui ritardi, le eredità difficili, le questioni irrisolte, le mancate trasformazioni istituzionali, politiche, economiche e sociali, che dal 1861 ad oggi hanno segnato la storia d’Italia.
L’obiettivo principale che in questa fase dobbiamo porci è quello di come salvare l’unità nazionale oggi pesantemente scossa e minata da tensioni politiche , economiche e culturali.
L’unità del Paese venne realizzata 150 anni or sono dai ceti più progressisti che sconfissero i ceti più conservatori, ma fu anche evidente che tra i vincitori i liberali moderati prevalsero sui repubblicani democratici.
Le grandi masse popolari simpatizzarono in via tendenziale per l’unità della nazione , ma parteciparono alla sua realizzazione in forme molto limitate e se il processo di unità fu una grande rivoluzione istituzionale, sette Stati che divennero uno, dal punto di vista sociale le cose cambiarono ben poco poiché il patto tra le classi dirigenti italiane, che si realizzava con la supervisione dei maggiori Paesi d’Europa, prevedeva che il Paese si unificasse senza modificare i rapporti sociali esistenti, in particolare nelle campagne , e l’Italia si unificò senza affrontare in alcun modo il problema della riforma agraria.
Lo Stato unitario venne così realizzato tra grandi tensioni e notevoli contraddizioni che non vanno assolutamente sottaciute a partire dal rapporto tra accentramento della macchina amministrativa e sistema delle autonomie locali, dalla questione meridionale che esplode con l’ Unità d’Italia e che non verrà risolta con l’esclusione delle grandi masse popolari dallo Stato.
Pur tuttavia, esprimento una costante consapevolezza dei limiti sociali del processo della rivoluzione nazionale e degli errori della politica post-unitaria, il movimento operaio organizzato nelle sue diverse espressioni politiche e sociali che si sono succedute nel corso dei decenni non ha mai messo in discussione la raggiunta unità nazionale, l’ha sempre considerata un valore.
Le radici ed il cosmopolitismo del nostro Risorgimento sono stati tra i presupposti per la nascita di un forte movimento dei lavoratori . Nella premessa risorgimentale , nella quale i cittadini rivendicano gli stessi diritti secondo i principi fondativi di uguaglianza, fraternità e legalità, si sono sviluppate le prime lotte delle lavoratrici e dei lavoratori sulle otto ore, contro lo sfruttamento minorile, per il diritto a costituirsi in organizzazione sindacale.
Il Paese ed i lavoratori hanno storicamente sperimentato che “ divisi siamo canaglia, siam calpesti e derisi “ e che l’unità, la capacità di superare le divisioni, e di sentirsi uniti e portatori di una identità nazionale rende tutti più forti, liberi e capaci di costruire una società dove legalità e diritti si incontrano.
Ed è anche in questa consapevolezza che, messa in discussione una seconda volta l’unità nazionale nel dramma della seconda guerra mondiale, in un Paese occupato da eserciti stranieri contrapposti, e diviso tra una monarchia poco amata e uno stato fantoccio” repubblichino” , il movimento operaio organizzato ha saputo svolgere pienamente la sua funzione nazionale. Con i grandi scioperi del marzo del 1943 e del 1944, con la Resistenza, con lo sciopero insurrezionale del 25 aprile del 1945 i lavoratori e le grandi masse popolari divengono protagoniste riconosciute nella vita del Paese, con la riconquista della libertà il secondo Risorgimento completa il primo Risorgimento, costruendo finalmente una società partecipata e democratica fondata sui valori dell’antifascismo.
La Resistenza e le lotte dei lavoratori hanno portato a un patto nazionale scritto nella Costituzione che non a caso all’art.1 recita: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro “ e questo patto ha radici sociali chiare, nette e ben visibili tanto che ancor oggi molti intendono metterlo in discussione.
Con questa consapevolezza la CGIL , che si è battuta e continua a battersi con forza contro ogni idea di divisione del Paese, seguita a ritenere che la data del 17 marzo 1861 costituisca una tappa imprescindibile per lo sviluppo civile, economico e sociale dell’Italia, della democrazia, dei diritti e degli interessi dei lavoratori: senza la proclamazione dell’Unità d’Italia il movimento dei lavoratori non avrebbe mai potuto trarre un risultato così grande: veder riconosciuto anche nella Costituzione il valore del lavoro, la sua dignità , i suoi diritti fondamentali.
Anche per questo intendiamo mettere in campo alcune scelte in occasione della ricorrenza:
- dedicare la tessera Cgil per il 2011 all’unità d’Italia ed al ruolo di unità che ha sempre svolto il lavoro;
- organizzare nel corso dell’anno qualificate iniziative centrali e nei territori, occasioni di studio e di discussione in collaborazione anche con altre realtà, a partire dal nostro consolidato rapporto con l’ ANPI, con l’intento di focalizzare l’importanza dell’unità del nostro Paese conseguita allora ed ancora più valida oggi dentro ad una crisi economi cadi proporzioni enormi;
- partecipare il 17 marzo 2011 alla “ Notte tricolore per la festa nazionale dell’Unità” con l’apertura notturna di tutte le nostre sedi ( dalla più grande alla più piccola) caratterizzandola con incontri ed iniziative specifiche perché, fuori da ogni retorica ma contro ogni rimozione, noi siamo un grande soggetto attivo dell’unità del Paese e non semplici spettatori.”