Giulia Cavallari nacque a Imola il 5 marzo del 1856, da una famiglia di intellettuali; la nonna Maddalena Monteschi, aveva fondato a Imola la prima scuola femminile. Nel 1878 si iscrisse alla Facoltà di Lettere di Bologna e fu la prima allieva di Giosuè Carducci, il quale le affidò anche l’istruzione della figlia Libertà (Titti). Nel 1882 fu la prima donna italiana a laurearsi in Lettere e Filosofia e nel 1884 ottenne la cattedra di latino e greco presso la Scuola superiore femminile “E. Fuà Fusinato” a Roma, città in cui visse fino al 1886. In quell’anno si sposò con il medico Ignazio Cantalamessa, primario dell’Ospedale Maggiore di Bologna e si trasferì nella città felsinea, ritirandosi dall’insegnamento. In seguito alla morte del marito, avvenuta nel 1896, decise di riprendere la carriera di insegnante e grazie all’aiuto del Carducci ottenne la cattedra di italiano nella Scuola Normale di Bologna. Nel 1897 fu nominata direttrice della Scuola professionale femminile, che, in seguito alla riorganizzazione voluta e gestita dalla Cavallari, divenne scuola comunale con il nome di “Regina Margherita”. La sua attenzione verso metodi pedagogici moderni la portarono a dirigere e riorganizzare l’istituto per le figlie dei militari Villa della Regina a Torino. Incarico che rivestì per oltre trent’anni.
Accanto a un’intensa attività letteraria, la Cavallari si distinse anche per l’attenzione verso la condizione femminile: collaboratrice della rivista femminile “La Donna” creata da Gualberta Alaide Beccari, nel 1890 fu tra le fondatrici a Bologna del Comitato di Propaganda femminile per il miglioramento delle condizioni morali e giuridiche della donna. Scopo principale del Comitato era di “propugnare che l’istruzione a beneficio della donna sia migliorata nel senso più razionale e scientifico; che le sia data una educazione retta, saggia che la faccia capace di esercitare una influenza tanto più benefica nella famiglia...”. Fu anche tra le esponenti della Società Operaia femminile di Bologna.
In particolare il suo impegno fu rivolto al sostegno dell’istruzione e del lavoro professionale delle donne in chiave di emancipazione e fu sulla base di questi principi che interpretò la sua attività didattica e di dirigente di istituti femminili.
Morì a Bologna il 6 novembre 1935.